Psicologia
Donna
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
QUANDO SI AMA TROPPO

Cosa vuol dire amare troppo, quando l'amore diventa cioè patologico?

Amare troppo vuol dire sentirsi realizzati esclusivamente all'interno di un rapporto di coppia nel quale si
soffre continuamente. Si è portati a giustificare i tradimenti del partner, la sua indifferenza o aggressività,
assumendosi la colpa dei suoi comportamenti e ritenendosi non sufficientemente "amabili".
Ci si annulla dedicandosi completamente all'altro e si cerca di cambiare la persona amata (senza riuscirci)
perché diventi somigliante a ciò che si vorrebbe che fosse.
Nella maggior parte dei casi, chi ama troppo riesce a capire che il partner non soddisfa i propri desideri, si
sente umiliato e offeso dagli atteggiamenti del proprio compagno, ma non riesce a troncare il rapporto e, al
contrario, subisce un'attrazione fortissima alla quale non può sottrarsi.
Quando si ama troppo forse non si sta amando veramente. Molto forte è la paura di restare soli, di non
meritarsi amore e ci si attacca ossessivamente a qualcuno che si considera indispensabile per la propria
vita. Chi ama troppo dona amore senza limiti, con la speranza che l'amato "contenga" paure e angosce:
queste, invece, si amplificano costringendo a "darsi" ancora di più, in un circolo vizioso simile a quello che
si determina in molte altre "dipendenze".



Chi soffre di più in una coppia in cui la donna "ama troppo"? L'uomo, la donna, entrambi, perché?

Il fenomeno dell'"amare troppo" è tipicamente femminile. Tuttavia anche gli uomini possono soffrire la
dipendenza affettiva, vivendo angosce che hanno origine nell'infanzia e nutrendo una scarsa
considerazione di sé (proprio come le donne che amano troppo).
L'uomo, più della donna, tende ad alleviare queste sofferenze investendo gran parte delle energie nel
lavoro, impegnandosi in hobby e sport, cercando, in definitiva, delle risposte "al di fuori di sé" più che
"dentro di sé".
Le donne, invece, spesso anche per motivi di ordine culturale, sono abituate a considerarsi deboli, fragili,
dipendenti, bisognose di protezione e di un punto di riferimento. Se la donna non riesce ad amare se
stessa, ha naturalmente bisogno di un uomo che riesca ad rassicurarla, che la faccia sentire migliore. La
paura di non essere amata può portare la donna ad accettare qualsiasi cosa dell'uomo purché la rassicuri
e, per evitare che lui fugga, lei si adatterà a fare da infermiera, mamma, confidente etc.
Ma allora come è l'uomo di una donna che ama troppo? Spesso accanto ad una donna "salvatrice" c'è un
uomo che non si prende delle responsabilità, accanto a una donna che è stata abbandonata da piccola,
potrà esserci un uomo che la trascura e la tratta male. E, altrettanto spesso, il compagno della donna
"affettivamente dipendente" soffre a sua volta di qualche tipo di dipendenza o disagio. Queste donne,
inconsciamente, ricreano scenari particolarmente significativi vissuti nella loro infanzia, all'interno di
famiglie "difficili".
Guardandola in questo modo si può dire che anche l'uomo della "donna che ama troppo" soffre, non è in
grado di vivere un amore maturo e ripete egli stesso un copione che non gli permetterà di realizzare
appieno se stesso all'interno di una coppia.
Generalmente sono uomini incapaci di esprimere affetto.


Come si può capire se la propria relazione corre il rischio di cadere nella trappola (o vi è già senza che ce
ne rendiamo conto) della dipendenza affettiva?

Non c'è una regola precisa, importante è imparare ad ascoltare il proprio malessere, la propria sofferenza.
Quando l'autostima, la fiducia nel proprio valore, la propria serenità, dipendono esclusivamente dal
giudizio o dall'umore dell'altro, quando si pensa ossessivamente al partner dimenticandosi di sé, dei propri
interessi, forse si sta già amando troppo.

Per quale motivo una donna corre il rischio di ritrovarsi in una condizione di dipendenza affettiva dal
proprio partner?

All'origine di una dipendenza affettiva si cela una sofferenza che ha origini antiche, infantili. Vissuti di
abbandono, violenze, esperienze intense che hanno lasciato un segno doloroso, possono predisporre la
donna ad amare troppo. Infatti nell'attrazione che spinge verso l'altro entrano in gioco i propri difetti, i
problemi irrisolti, le ferite del passato. Si è convinti che l'altro possa risolvere i propri problemi. Il più delle
volte, la coppia nasce proprio come una "riparazione" del passato. Diviene facile quindi attribuire al
partner il ruolo (idealizzato) di un genitore che rimedierà agli errori fatti e "salverà" con il suo amore. Allora,
inconsciamente, si cercherà proprio quella persona che dovrebbe permettere di rivivere un'antica
sofferenza, ma che, in realtà, invece di "salvare", imprigiona in un circolo vizioso dove niente cresce,
niente si sviluppa, ma si è costretti a vivere un amore non libero e sofferto.
La donna che ama troppo è anche una donna disabituata a pensare a sé, alle sue passioni e alla sua
creatività che non sa nemmeno di avere. Si corre il rischio di cercare uomini solo per riempire grandi vuoti
interiori. Non è possibile costruire una relazione con l'altro se prima non si stabilisce una relazione con se
stessi.

Perdoni la domanda/provocazione: ma l'essere innamorati,la fase dell'innamoramento, non è già di per sé
una situazione limite? Una fase in cui si è tutti, naturalmente, portati ad annullarsi per l'altro? Ci aiuti a
rassicurare chi potrebbe vedere nella propria storia elementi simili a quelli che lei ha descritto senza, in
realtà, vivere una situazione di dipendenza affettiva.

La coppia vive una successione di fasi differenti e crisi da superare. All'inizio vi è l'innamoramento.
L'innamoramento si differenzia dall'amore per l'intensità e la spontaneità dei sentimenti. Il partner è
idealizzato, diviene agli occhi dell'innamorato la persona da sempre cercata, apparentemente senza difetti,
praticamente perfetto! In questa prima fase del rapporto è facile proiettare sulla persona amata i propri
desideri e le proprie aspirazioni, vedere solo quello che si vuole vedere. Si cerca la simbiosi, la "fusione"
con l'altro, isolandosi a volte dal gruppo di amici per godere esclusivamente della presenza del compagno.
La persona amata diventa il centro attorno al quale si organizza tutta la vita, riempie i pensieri. Nasce
l'irrefrenabile desiderio di essere rassicurati dall'amore dell'altro e questa bramosia trova soddisfazione
attraverso regali, incontri anche fugaci, telefonate ricorrenti, etc. ("Che film vuoi vedere?" "Quello che
piace a te!"). Fondersi significa anche complicità emotiva e corporeità.
Il periodo della fusione amorosa non è da confondersi con la dipendenza affettiva.
Quando si è innamorati, si vive un piacere intenso al solo sguardo dell'altro e un dolore profondo e
destabilizzante se l'altro non c'è o si teme che non ricambi l'amore.
Ma l'innamoramento è anche dinamismo, movimento all'interno della coppia, è un periodo che ben presto
lascerà il posto ad una nuova fase del rapporto. Infatti, finito il tempo idilliaco della complicità, subentra il
desiderio di "differenziarsi" dall'altro. ("Che film vuoi vedere?" "Non certo uno di quei film d'azione senza
sentimento che vuoi vedere sempre tu!"). Si è portati a dare rilievo alle differenze.
In seguito subentrerà la fase dell' "esplorazione" durante la quale si tende a prendere le distanze dall'altro.
In questo periodo si è portati ad uscire con i propri amici senza il partner o ad iscriversi in palestra, oppure
a coltivare un hobby che si era trascurato. Questo allontanamento momentaneo aiuta gli individui della
coppia, a ritrovare il proprio IO perduto che è stato temporaneamente messo in parte per stare più vicini al
partner.
Si tratta di una fase delicata, molte coppie non riescono a superarla indenni.
Se la si supera senza pregiudicare il rapporto, si entra nella fase del "riavvicinamento", nella quale
entrambi hanno idee più definite su chi sono e cosa vogliono dalla coppia.
A questo punto si può imparare a "cooperare" per un progetto comune e la coppia impara a non vivere più
solo per se stessa ma anche per gli altri (ad es. i figli).
Alla fine di questo percorso si conosce e si accetta il partner per quello che è veramente, si può scoprire
che le sue imperfezioni piacciono perché fanno di lui una persona speciale, è favorito lo sviluppo e la piena
espressione della personalità di entrambi.
Nella dipendenza affettiva, invece, tutto è fermo, nulla si trasforma, ma tutto si ripete con un amaro
retrogusto di sofferenza e di insoddisfazione. Non è una fase del rapporto ma un unico scenario che si
ripropone sempre allo stesso modo e nel quale i protagonisti sembrano avere sempre lo stesso ruolo per
tutta la durata della relazione.

Cosa fare se ci si rende conto di "amare troppo", di non avere una vita personale completa e indipendente
al di fuori della coppia? A chi rivolgersi?

Chi ama troppo ha la pretesa di manipolare il partner, sente il bisogno di intervenire cambiando la realtà e
ha grandi difficoltà ad accettare l'altro per quello che è. Tenendo sotto controllo l'altro, si pensa
erroneamente di controllare anche i propri sentimenti. Prendere coscienza di questo proprio
atteggiamento vuol dire già fare un grosso passo avanti. Se la dipendenza affettiva spinge a controllare
l'altro, la prima cosa da fare è sicuramente stare ferme, non "agire" più quel controllo, ma cominciare ad
accettare la realtà e soprattutto se stessi. Guardare la realtà per quella che è, guardare il proprio uomo per
quello che è, aiuta sicuramente a prendere delle decisioni sane e costruttive. Ma non è facile. Nel momento
in cui il disagio e la sofferenza diventano troppo pesanti, tanto da compromettere seriamente la vita
quotidiana, è bene rivolgersi ad uno psicoterapeuta di fiducia che aiuterà a prendere più consapevolezza
della propria situazione.
Molto utili sono anche i cosiddetti gruppi di auto-mutuo-aiuto per chi soffre di dipendenza affettiva. Questi
gruppi sono formati da persone che hanno in comune lo stesso problema e che confrontano e
condividono i propri vissuti sotto la guida di uno specialista.



Dott.ssa Mariacandida Mazzilli