Psicologia
Donna
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
PUBBLICITA', PERSUASIONE E PROPAGANDA

Quanto siamo 'manipolabili' da chi vuole venderci un prodotto, un'ideologia, magari addirittura una guerra
(purtroppo è così)? E perché certi messaggi riescono a 'passare' stimolando la nostra cosiddetta
propensione all'acquisto, quando non addirittura spingendoci a pensarla in un certo modo su temi e
problemi di grande importanza? Ci riferiamo sia alla pubblicità sia alla comunicazione in altri ambiti (agli inizi
la pubblicità diceva solo: comprate questo prodotto perché è buono, al giorno d'oggi si usano tecniche di
'persuasione' molto più raffinate).

Argomenti che richiedono l'aiuto di un esperto per essere affrontati in maniera seria e per dare risposte
interessanti e utili. Per esperto intendiamo qualcuno che si occupa di psiche, come la D.ssa Mariacandida
Mazzilli, psicologa, psicoterapeuta della scuola di psicoterapia analitica, a cui abbiamo posto alcune
domande.

La prima domanda, forse banale, è: le nostre menti sono davvero 'manipolabili'?

La pubblicità ormai è diventata un vero e proprio genere di spettacolo, alcuni spot piacciono e sono
considerati divertenti. La reclame si serve di immagini per promuovere qualsiasi prodotto e la nostra
mente è attratta dalle immagini. Ne rimaniamo sedotti istantaneamente perché l'immagine non ha bisogno
di un eccessivo lavoro conscio e razionale per essere interiorizzata, ma generalmente riesce a stuzzicare
lo strato più profondo della nostra psiche, la parte inconscia, istintuale, non controllabile. Le strategie
pubblicitarie, molto probabilmente, si prefiggono l'obiettivo di ricercare meticolosamente quelle
motivazioni più comuni che guidano le nostre scelte, sollecitando proprio la nostra parte inconscia. Al
momento dell'acquisto infatti, obbedendo ad impulsi emotivi, siamo stimolati da immagini e simboli grafici
che nel subcosciente sono associati con il prodotto. Le donne, per esempio, sono disposte a spendere di
più quando credono di comprare non una semplice crema per il viso, ma una "promessa". Non si
comprano più solo arance, si compra vitalità. Non si comprano più solo automobili, ma prestigio.

Nel mondo del software esiste un termine: 'backdoor' che identifica un tipo di programma malevolo che
viene installato all'insaputa del proprietario di un computer per poter poi avere accesso al suo sistema e ai
suoi file. Quanto il tipo di educazione, la scuola, la stampa e la televisione possono contribuire ad aprire
nelle nostre menti delle 'backdoors' che poi pubblicità e propaganda sanno adeguatamente sfruttare
quando necessario?

Le aziende sono molto informate sulle tipologie di persone verso le quali intendono orientare il loro
prodotto, conoscono i loro bisogni, i loro stili di vita. L'obiettivo infatti non è solo quello di invogliare
genericamente al consumo, ma anche quello di accontentare un tipo di consumatore specifico. Nel mondo
del marketing si parla infatti di "segmentazione del mercato" cioè della necessità di frammentare il mercato
di massa in categorie sociali. Ci sono le categorie delle donne, degli adolescenti, degli anziani, ma anche
quelle di gruppi di persone che hanno in comune determinate convinzioni , comportamenti, ideologie etc.
Immaginiamo allora quanti tipi di linguaggio pubblicitario possano esistere a seconda del target di
riferimento. Di solito abbiamo la tendenza a schivare informazioni che risultano opposte a quelle che
siamo abituati ad utilizzare, ognuno preferisce la frequentazione di persone che la pensano in modo
simile, o comprare giornali che aderiscono a certe idee. Sembra allora più semplice spingere qualcuno ad
adottare un comportamento o a formarsi un'opinione, se questi non possiede già di per sé una posizione
a riguardo. La pubblicità inoltre ha il potere di rendere familiari i vari prodotti, riducendo il tempo dedicato
all'acquisto: davanti ai banconi del supermercato tendiamo a preferire i prodotti già visti, quelli già
conosciuti, appunto più familiari, che ci risparmino la fatica di doverli "valutare".
La pubblicità veicola informazioni di contenuto che riguardano il prodotto in questione, ma porta con sé
anche altri tipi di informazione, apparentemente marginali: la musica, la confezione del prodotto, i colori.
Sono pochi i messaggi rivolti alla nostra capacità di analisi "critica e cosciente", o che inducano ad un
confronto con altri prodotti concorrenti: la maggior parte dei messaggi invece richiede solo un'attenzione
superficiale, magari concentrata su elementi più periferici dello spot. Quale è allora il meccanismo che più
riesce ad influenzare il nostro comportamento finale? Gli elementi di contenuto del prodotto o quelli
periferici? Forse un buon impasto di tutti questi fattori.
La credibilità della fonte è un elemento da non trascurare (il medico in camice bianco che promuove
dentifrici, la bellezza della signorina che beve l'acqua della salute). I testimonials, cioè persone famose
associate ad un prodotto, possono essere considerate come un altro efficace "backdoor" per la nostra
mente. Per essere efficace lo spot deve essere martellante (mandato in onda spesso) e chiaro, ogni
ambiguità del messaggio distoglierebbe l'attenzione e potrebbe stimolare elaborazioni più consapevoli da
parte dello spettatore, non sempre gradite ai pubblicitari .



Anche la propaganda politica attinge a piene mani dalle tecniche di persuasione utilizzate dai pubblicitari.
Anzi, vengono sempre più spesso assoldati degli esperti di comunicazione per curare le campagne
elettorali con spot pubblicitari che - visti con occhio critico - a volte superano la soglia del ridicolo ma che
effettivamente sembrano funzionare. Perché è così facile far scattare determinati interruttori nella mente
del pubblico utilizzando temi triti e ritriti che però al momento giusto assumono un'aria di novità e
importanza?

Oggi i politici si servono del mezzo televisivo per divulgare le loro idee, anche in politica dilaga lo stile
"spettacolare", incentrato su immagini e discorsi sintetici e di effetto. Per conquistare l'attenzione del
pubblico, la propaganda politica utilizza spot-slogan, facili da comprendere, veloci da memorizzare. Anche
in questo caso possiamo notare elementi periferici, cioè elementi di sfondo che non riguardano il
contenuto vero e proprio della proposta politica. Si tratta di elementi che mirano ad orientare
positivamente lo spettatore-elettore, non diretti a stimolare una qualche elaborazione critica sui contenuti:
uno sfondo rilassante, una musica trionfale, delle immagini rassicuranti. Ultimamente l'elettore esprime
sempre meno un "voto di appartenenza" ad un partito o movimento politico, ma orienta il proprio voto a
favore di proposte politiche reputate idonee a risolvere problematiche specifiche che reputa rilevanti, o a
favore di quei particolari candidati particolarmente abili nell'arte del comunicare, del "promuovere" se
stessi. La ripetuta esposizione al messaggio diffuso e la sempre minore forza delle stesse convinzioni
politiche, prepara il terreno per la persuasione.

Anche noi, nel nostro piccolo, nella nostra vita quotidiana e nelle nostre relazioni interpersonali utilizziamo
- più o meno coscientemente - delle tecniche di persuasione...

Il nostro modo di comunicare non si articola mai solo per mezzo del linguaggio verbale, ma si avvale di
una vasta gamma di segnali: la postura, l'espressione del viso, il tono della voce. Molte informazioni, ad
esempio, vengono recepite attraverso gli sguardi, che possono esprimere interesse, gratificazione o
imbarazzo.
Chi è abituato a parlare in pubblico sa bene che il suo sguardo temporeggerà maggiormente su quegli
uditori che reggono più a lungo il contatto visivo.
Quotidianamente siamo bombardati da messaggi che puntano a persuaderci, chissà quante volte ci sarà
capitato di dire si, di lasciarci convincere da un operatore su una nuova tariffa telefonica o da nostro figlio
per l'acquisto di una certa merendina, senza che ci sia una scelta vera da parte nostra. Quante volte cioè ci
siamo trovati a mettere in atto un comportamento incoerente, diverso da quello che avevamo deciso in
precedenza? Nella nostra società la coerenza è considerata una caratteristica positiva, propria delle
persone logiche e razionali, spesso la scelta di un comportamento coerente avviene meccanicamente,
senza pensarci troppo, con degli automatismi che impediscono di riflettere sugli oggettivi vantaggi e
svantaggi della situazione, anche quando questa si modifica. La nostra attenzione rimane ancorata alla
coerenza dei comportamenti e non alle condizioni entro le quali li mettiamo in atto. Immaginiamo una
donna che ogni anno, a Natale, è solita preparare piatti e dolci tipici ed invitare parenti ed amici per le feste.
La "coerenza", stimolata magari dalla famiglia stessa, potrebbe spingerla a reiterare ogni anno questo
comportamento senza domandarsi realmente quanto desideri farlo e magari, se andasse davvero ad
indagare in fondo ai suoi desideri, potrebbe scoprire di aver voglia di andare al ristorante o di fare un
viaggio. Ma spesso "cambiare idea" rischia di farci sentire poco sensibili ed egoisti. Se il nostro datore di
lavoro ci facesse una richiesta un po' troppo "fuori dalle righe", per esempio di tornare in ufficio anche in
una giornata festiva, probabilmente esprimeremmo il nostro disappunto. Ma se a quel punto il capo
"ritrattasse", chiedendoci allora di rimanere più ore il venerdì sera, potremmo sentirci in dovere di
accettare, dato il primo rifiuto. La prima richiesta è "forte" (ha buone probabilità di essere rifiutata), la
seconda richiesta sembra più ragionevole e, di conseguenza, non riusciamo a rifiutarla senza sentirci in
colpa.
Per contrasto quindi la prima richiesta, considerata da noi "sproporzionata", fa apparire la seconda meno
rilevante.


I bambini e la pubblicità. Le menti dei bambini sono chiaramente molto più aperte e vulnerabili. Come
aiutarli (stiamo parlando dal punto di vista dei genitori) a sviluppare uno spirito critico? Personalmente
direi di non lasciare che le istituzioni veglino sull'educazione dei nostri bambini, perché sarebbe come dire
'lasciamo che la volpe vegli sul pollaio...' ma questa è un'opinione strettamente personale. Vorremmo
conoscere invece la sua opinione, e soprattutto i suoi consigli come psicoterapeuta.

I bambini conoscono perfettamente tutti gli spot, ripetono gli slogan a memoria, e soprattutto comunicano
tra loro attraverso il linguaggio delle reclame. Hanno la capacità di identificare la pubblicità televisiva dagli
altri programmi già all'età di 4-5 anni e, man mano che crescono, acquistano una maggiore abilità a
memorizzarne il contenuto. Gli spot più amati, ma anche quelli maggiormente ricordati, sono quelli che
promuovono i giocattoli o merendine e dolci, quelli che riproducono ambienti familiari o che hanno come
protagonisti bambini o animali. Gli scenari raccontati dalla pubblicità, le ambientazioni domestiche
proposte in pochi minuti di video, offrono modelli comportamentali, modi di pensare, modi di dire, che
inevitabilmente vengono interiorizzati dal bimbo in una rappresentazione stereotipata della realtà nella
quale, spesso, si manifestano differenze tra i sessi: colore rosa, musica melodica e dolce per le bimbe e
musiche più ritmate e colori più vivaci per i bimbi, anche per i più piccoli.
Sedotti dallo spot, i bimbi danno il tormento a genitori, zii, nonni, fratelli più grandi, perché acquistino quei
determinati prodotti che permettano loro di giocare, di vestire o di mangiare come tutti i compagni. I
prodotti reclamizzati hanno così alte probabilità di diventare status symbol di riconoscimento tra i bambini
e non possederli potrebbe generare senso di esclusione e diversità, una vera e propria ferita narcisistica.
La pubblicità ha la capacità di mettere in crisi il rapporto genitori-figli: se lo spot promuove un determinato
prodotto e l'adulto non si decide a comprarlo, sarà considerato "cattivo" dal bimbo. Infatti omologarsi agli
altri garantisce sicurezza, coltivare un "senso di appartenenza ad un gruppo" vuol dire rafforzare il
propria identità, la propria percezione di sé. La difficoltà sta proprio nel dosare il senso del "noi", che si
forma attraverso le identificazioni con i gruppi, e il senso della propria individualità che spinge il bimbo
prima e l'adolescente poi a fare le proprie scelte, a prendere una posizione, anche se quest'ultima non
fosse in sintonia col pensiero comune.
I bimbi meno fortunati, costretti ad inevitabili paragoni con i personaggi degli spot, possono
dolorosamente scoprire che il proprio ambiente familiare e il proprio tenore di vita sono ben lontani dai
modelli proposti dagli spot.
Come può fare allora un genitore a contrastare il messaggio televisivo e a portare avanti con successo la
propria linea educativa? E' una bella lotta e purtroppo dobbiamo ammettere che troppo spesso lo
slogan-tormentone, col suo insistere su immagini e sensazioni piacevoli, di affetto e sicurezza, di curiosità
e libertà, ha la meglio sui papà e sulle mamme. Il bambino si fida della pubblicità, (così come, in generale, si
fida degli adulti) crede a tutte le informazioni che recepisce e non può ancora concepire concetti come
"raggirare" o addirittura "sfruttare" lo spettatore.
Seguendo alla lettera i "consigli per gli acquisti", per esempio quelli dedicati al cibo, imparano a scegliere
gli alimenti non più assecondando l'appetito, ma prestando attenzione esclusivamente a stimoli esterni. E'
in pericolo così la capacità di mantenere un contatto reale ed adeguato con il proprio corpo. E' importante
che il genitore si munisca di una grande dose di pazienza e di dedizione quando il figlio è davanti alla tv,
senza abbandonarlo in una posizione troppo "passiva" davanti allo spot. Potrebbe essere, al contrario,
molto costruttivo cercare di prestare attenzione alle sue domande, aiutarlo a sviluppare un senso critico
rispetto a quello che vede e incoraggiare in lui pensieri e idee personali.


E noi adulti?

Persone molto intelligenti hanno maggiore capacità di prestare attenzione al messaggio pubblicitario e di
comprenderlo più a fondo, quindi non si limitano ad accettare o non accettare il messaggio, ma sono
portate ad argomentare e discutere. Persone che nutrono una elevata stima di sé si mostrano più critiche
verso opinioni diverse dalle proprie e sono più inclini a contrastarle decisamente, mentre, all'opposto,
coloro che hanno una bassa considerazione di sé sono più portati a cambiare il proprio punto di vista. In
che modo uomini e donne subiscono la persuasione della comunicazione pubblicitaria? Curiosamente la
pubblicità utilizza spesso figure femminili tanto per sedurre l'uomo (con la bellezza) tanto per conquistare
la donna (attraverso l'identificazione). Si fa appello a diversi stereotipi socio-culturali femminili per attrarre
il pubblico in modo che l'attenzione venga catturata istantaneamente e si possa associare il prodotto alla
tipologia rappresentativa ad essa collegata. Si fa leva su diverse categorie come la donna "mangiatrice di
uomini" (sensuale, tentatrice, che seduce senza un coinvolgimento affettivo), la "partner" (affettuosa e
complice), la "mamma" (dolce, attenta ai figli e ai bisogni di tutti), la "casalinga-moderna" (bravissima nel
badare alla casa aiutata dei mezzi super tecnologici e attenta alla cura del proprio corpo). E poi ancora la
"sportiva", la "dottoressa" e via dicendo. Ma il messaggio pubblicitario può diventare subdolamente
discriminante quando il ruolo della donna si riduce a quello di corpo bellissimo che attrae ossessivamente
l'attenzione maschile.
In questi casi la donna non ha più un ruolo paritario rispetto all'uomo, non è più persona ma oggetto, la
sua identità viene completamente annullata. E, visti i tempi, non ci sembrano questi i messaggi di cui la
nostra società ha bisogno. Un altro messaggio poco istruttivo e, anzi, spesso dannoso, è quello della
donna "bella e magra" che è felice e perfetta per il semplice fatto di essere "bella e magra" (magari perchè
beve una certa acqua minerale…)
E chi non ha quella fortuna?
In uno spot, due donne escono da un camerino di un negozio di abbigliamento, una di esse è una
"testimonial", una donna famosa (alta, bella, magra) e l'altra una ragazza sconosciuta (bassina,
cicciottella). Alcune amiche le attendono fuori dal camerino, applaudono la ragazza bella (che
naturalmente ha in mano una bottiglietta dell'acqua miracolosa) e mostrano il pollice verso, in segno di
disapprovazione, all'altra ragazza per la sua forma fisica non perfetta (la ragazza paffutella ovviamente
non è stata benedetta dall'acqua santa…). Ma quale messaggio si vuole dare in un questo spot? Sembra
che il valore più importante per una donna sia l'aspetto fisico, dote che da sola può garantire
l'approvazione di tutti (anche delle altre donne). Chi per una sorte avversa non ha le carte in regola è
destinato a fallire anzi ad essere emarginato. Vengono in mente gruppi di ragazze adolescenti che
cercano di appoggiarsi l'un l'altra per cercare di superare crisi tipiche dell'età, quando la percezione del
proprio aspetto fisico passa attraverso fasi di continua oscillazione. Oggi i ruoli non hanno una precisa
definizione come un tempo, l'identità si fa "fluida". Come sostiene Zygmunt Bauman, noto sociologo e
filosofo britannico, viviamo in una società "liquida", molto diversa dalle passate società strutturate per
classi e ruoli stabili. Relegare una donna all'interno della categoria "mamma" o "mangiatrice di uomini", o
addirittura considerarla solo "corpo" da dare in pasto ai uomini affamati, è ormai decisamente
anacronistico.