Psicologia
Donna
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
MOLESTIE MORALI E SESSUALI SUL POSTO DI LAVORO

Quando si può parlare di molestia vera e propria?

Si considera molestia qualsiasi atteggiamento che provochi oltraggio alla dignità o alla integrità
fisica e psichica della persona. Spesso la molestia prende il via da avvenimenti che possono
sembrare irrilevanti in un primo momento, può succedere di sdrammatizzare battute e scherzi di
cattivo gusto e poi trovarsi incastrati in una rete subdola di manipolazioni e di agiti che hanno lo
scopo di mettere la persona molestata in condizioni di inferiorità. E' facile in queste condizioni
sentirsi usati, e umiliati. In una situazione lavorativa è possibile a volte litigare, offendersi,
arrabbiarsi in momenti di nervosismo e di conflittualità, episodi non certo significativi se sono
accompagnati da scuse, chiarimenti e condivisione di quello che è accaduto. Nei fenomeni di
molestie vere e proprie si assiste invece ad un continuo e ripetuto susseguirsi di maltrattamenti e
mortificazioni che disorientano la vittima ponendola in un rapporto asimmetrico e privandola di un
qualsiasi tipo di reazione o difesa, come se fosse anestetizzata. Si sfruttano le debolezze dell'altro
e lo si porta a dubitare di sé al punto che la vittima tende a dar ragione al suo aggressore,
convincendosi di non essere all'altezza e di non valere. Quando nasce questo tipo di
meccanismo, raramente si riescono ad individuare le motivazioni del conflitto (che perdono
addirittura importanza), quello che emerge è un subdolo incastro: l'atteggiamento dell'aggressore
e l'angoscia della vittima si alimentano a vicenda, come un cane che si morde la coda. La paura
determina comportamenti di obbedienza da parte di chi è preso di mira, ma anche di
sottomissione da parte dei colleghi che non vogliono sostenere chi viene molestato o farsi vedere
con lui per non rischiare di diventare vittime a loro volta. Se vi è molestia tra dipendenti con lo
stesso ruolo lavorativo, spesso i capi si rendono conto di quello che accade solo nel momento in
cui la situazione degenera, quando ormai il meccanismo si è consolidato ( la vittima si assenta
ripetutamente o si lascia andare a crisi di nervi o sfoghi improvvisi). Raramente i superiori
decidono di intervenire costruttivamente, cercando di bloccare il meccanismo, il più delle volte
scelgono di trasferire in altra sede i responsabili del conflitto senza dare spiegazioni. Chi subisce
molestia soffre in silenzio perché ha paura di non essere capito e si vergogna, si sente solo e non
difeso. Sono in pochi quelli che si ribellano e, in ogni caso, si è costretti a vivere periodi di forti
crisi che mettono a rischio la salute psico-fisica.


Molestie sessuali o semplici 'complimenti'. Una linea di confine piuttosto sfumata e difficile da
definire.

La molestia sessuale si colloca ad uno stadio successivo rispetto a quella morale. Interessa in
realtà sia le donne che gli uomini, ma la maggior parte degli episodi denunciati o raccontati
vedono le donne nel ruolo di vittime. I molestatori, spesso ad un gradino più alto nella scala
gerarchica rispetto alle vittime, vogliono esercitare il proprio potere sulla donna, la considerano "a
propria disposizione", un oggetto sessuale che deve assecondare ogni richiesta, e, anzi,
esprimere riconoscenza per il solo fatto di essere stata preferita e privilegiata. La donna subisce
mortificazioni e vere e proprie aggressioni nel caso tenti di respingere le attenzioni per poi vedersi
generalmente accusata di aver provocato ed eccitato il molestatore. La molestia sessuale ha
diversi volti, tra questi l'attenzione sessuale non desiderata (complimenti spinti, commenti a voce
alta), il ricatto sessuale (ad esempio con l'implicita minaccia di un licenziamento) e l'aggressione
sessuale vera e propria.


Perchè certi uomini (per correttezza diciamo che a volte si sente anche parlare del caso opposto,
e cioè di donne in posizione di comando che 'molestano' i propri dipendenti maschi) si sentono
liberi di approfittare della propria posizione sul posto di lavoro?

Tra individui che occupano lo stesso livello, la lotta di potere, è un fenomeno naturale, fa parte del
gioco, ma quando tra due persone la posizione è sbilanciata, l'aggressività determina un
meccanismo perverso nel quale chi è in posizione subalterna è chiaramente penalizzato. E' facile
esercitare il proprio potere con chi è inferiore, non c'è una vera lotta, ma solo la certezza di vincere
e di essere i più forti. Nelle situazioni di molestia sul posto di lavoro, il superiore utilizza il suo
potere per sentirsi valorizzato, ha bisogno di nutrire la sua fragile identità schiacciando la sua
dipendente che, per paura di essere licenziata, sopporta il più delle volte in silenzio. A volte si fa
abuso del proprio potere per mascherare la propria incompetenza: se qualcuno, ed in particolare
una donna, costituisce un ostacolo o in generale rappresenta una minaccia, deve essere
allontanato, penalizzato. Queste persone agiscono con l'intento di disarmare la donna,
impedendole di difendersi. Se la dipendente ha capacità, creatività, si fa in modo di boicottare il
suo spirito di iniziativa, le si impedisce di pensare, la si persuade della sua incompetenza e, se la
sfortunata reagisce, si fa in modo di isolarla, la si ignora, si boccia qualsiasi sua proposta. In un
secondo momento sopraggiungono le umiliazioni che possono arrivare alla violenza fisica e
molestia anche sessuale: tutti i mezzi sono buoni per distruggere la donna presa di mira.
Svalutare l'altro per conquistare stima di sé è un atteggiamento riprovevole, chi usa violenza è
convinto che l'altro lo meriti e che non abbia diritto di lamentarsi.


Che tipo di uomo è quello che molesta una dipendente? Quali caratteristiche psicologiche
contraddistinguono un uomo che approfitta della propria posizione sul posto di lavoro per
molestare sessualmente una o più dipendenti?

Chiunque può ritrovarsi, almeno una volta nella vita, a manipolare qualcuno al fine di ottenere un
vantaggio, provando ostilità e disprezzo momentanei che svaniscono però non appena subentra
un pentimento. Chi approfitta della propria posizione sul posto di lavoro per molestare
sessualmente le proprie dipendenti non è certo persona in grado di provare dei sensi di colpa.
Sono personalità narcisiste che, avendo subito nell'infanzia ferite profonde, cercano di
mantenersi in equilibrio scaricando su altri sofferenze che non riescono neanche a percepire.
Convinti della propria grandezza, hanno fantasie di successo smisurato, un continuo bisogno di
sentirsi ammirati, credono che tutto gli sia dovuto, si sentono speciali, non sono in grado di
essere empatici, sono invidiosi e arroganti. Per queste persone, gli altri non esistono in quanto
individui, ma come "specchi", sono cioè necessari per alimentare la propria sicurezza di
"esistere". Il superiore di un'azienda che molesta una dipendente ha bisogno di usare il suo
potere per evitare la propria morte psichica, proprio come un vampiro che ha bisogno di
succhiare il sangue di vivi per vivere egli stesso. E' un meccanismo di natura perversa che spinge
chi è privo di sostanza a riempirsi di qualcos'altro e, se non ci riesce, a distruggerlo. Il fascino
"ingannevole e artefatto" di queste personalità sta nella loro megalomania: si mostrano come
punti di riferimento, dispensatori del bene e del male, sono brillanti, intelligenti, acuti, cercano la
relazione con l'altro solo per sedurlo. I loro rapporti sono privi di ogni forma di affettività, non
conoscono sentimenti veri, quando avviene una separazione o una delusione reagiscono con
una rabbia distruttiva e un forte desiderio di vendetta. Possiamo immaginare cosa succede
quando una donna, tra l'altro loro dipendente, li rifiuta, cercando di difendere la propria identità.



Come comportarsi nei confronti di chi molesta? Come fare per non mettere a rischio la propria
posizione lavorativa? (il ricatto di rendere difficile la vita lavorativa o peggio di far perdere il lavoro
è spesso alla base delle molestie)

Quando una personalità come quelle sopra descritte entra a far parte di un gruppo di lavoro, ha la
tendenza a farsi circondare dalle persone più docili, seducendole: se qualcuno si rifiuta, viene
allontanato e identificato come capro espiatorio. Nasce un legame particolare per i componenti del
gruppo tra i quali prende piede una condivisa disapprovazione nei riguardi della persona rifiutata,
tutta la compagnia si fa condizionare dal manipolatore, perdendo ogni capacità di analisi obiettiva
della situazione. Si rimane sole, senza sostegno e comprensione e denunciare rimane la modalità
più efficace per bloccare questo tipo di terrore psicologico. Arrivare a compiere un passo del
genere non è semplice anche perché presuppone il rischio concreto di concludere
definitivamente qualsiasi contatto con il posto di lavoro, senza la certezza che la propria denuncia
riceva poi il giusto ascolto. In un contesto lavorativo che incoraggia il meccanismo perverso,
scegliendo di far finta di niente, la molestia morale e sessuale prolifera sorprendentemente senza
che nessuno trovi sconvolgente che ciò accade. Il tutto è particolarmente accentuato in aziende
organizzate in modo tale che la sfera emotiva del dipendente non rivesta particolare importanza.

Suggerimenti pratici:

Molestie morali
Quando si prende coscienza che si sta subendo un'aggressione alla propria dignità e integrità
psichica, sarebbe fondamentale ribellarsi prima possibile per cercare di scongiurare l'eventualità
di dover lasciare il posto di lavoro. Raccogliere ogni indizio, ogni segnale che possa costituire
prova di quello che succede, annotandosi le offese, fotocopiando documenti o e-mail. Anche se è
una impresa assai difficile, cercare un testimone o parlare con l'eventuale responsabile delle
risorse umane sperando sia sensibile alle richieste d'aiuto dei dipendenti. Se ci si sente
abbastanza forti si può giocare la carta dell'indifferenza, cercando di restare impassibili e
distaccati di fronte agli attacchi, senza reagire alle provocazioni: la difesa più efficace sta proprio
nel riuscire a non precipitare nella rete del molestatore che desidera mettere la vittima dalla parte
del torto. Evitare il più possibile imprecisioni professionali come arrivare tardi o non consegnare il
lavoro in tempo, tutelare il proprio materiale di lavoro, chiudendo cassetti a chiave o sorvegliare la
propria agenda: in un momento così delicato tutto potrebbe essere usato contro. Proteggere la
propria capacità critica, filtrando quello che viene detto dal molestatore senza interpretare o dare
importanza ai significati tra le righe. Prevedere gli atti aggressivi. E' fondamentale custodire dentro
di sé la convinzione di essere nel giusto, prima o poi il proprio punto di vista sarà accolto e
ascoltato.
Sopportare molestie morali non è facile, può indebolire pericolosamente e in questi casi potrebbe
essere utile l'aiuto di uno psicoterapeuta o uno psichiatra per un sostegno psicologico. A volte,
nei casi di stress particolarmente seri, può essere necessario anche un supporto farmacologico.
Potrebbe essere utile anche sospendere il lavoro e prendersi un periodo di pausa, per poi
riprendere quando ci si sente meglio.

Molestie sessuali
Anche se si ha timore di non essere creduta o schernita dagli altri dipendenti
non bisogna nascondere o minimizzare l'accaduto. Quando si subisce una molestia sessuale è
facile cadere nell'errore di sentirsi responsabili, ma non è così, l'atto della molestia sessuale non
dipende né dall'abbigliamento della donna, né dal trucco, tutte possono esserne vittima, senza
distinzione di classe sociale o di età. Al primo segnale di invasione della propria privacy, bisogna
reagire immediatamente per evitare che la non resistenza venga interpretata come un segno di
debolezza tale da invogliare il molestatore a continuare la sua aggressione con maggiore vigore.
Di fronte a richieste esplicite è importante evitare risposte generiche e atteggiamenti vaghi che
potrebbero alimentare vaghe speranze di successo. Ogni volta che si è di fronte ad una "proposta
indecente", anche se si prova angoscia, considerando che il molestatore è quasi sempre il proprio
superiore, va affermato apertamente il proprio disappunto (senza dare spiegazioni né
giustificazioni del rifiuto), dire un no deciso e chiaro, senza altre possibilità, con tono sicuro e
pacato. Per quanto riguarda le volgarità gratuite, gli apprezzamenti di carattere sessuale spinto, va
detto tempestivamente che quel comportamento infastidisce e che si desidera che si interrompa
subito. Se la cosa si ripete, continuare, senza stancarsi, a riproporre il rifiuto. In caso di contatti
fisici indesiderati, è importante che la comunicazione dell'opposizione sia immediata, chiara e
autorevole. Molte donne mescolano risatine nervose al disprezzo vero e proprio e questo
atteggiamento poco chiaro può spingere il molestatore a proseguire nel suo comportamento.
Suggerisco alle donne di non dedicare tempo inutile ad esprimere giudizi sulla persona che mette
in atto l'atteggiamento sgradevole, ma concentrarsi solo sul suo atto aggressivo, la reazione
difensiva deve essere efficace e bisogna ottenere l'obiettivo di farsi rispettare immediatamente.


Vergogna, paura di perdere il lavoro, paura di non essere credute, o peggio di essere accusate di
aver causato una determinata situazione... anche in questo caso si tratta di sentimenti che
rendono molto difficile gestire una determinata situazione... come reagire? Come trovare
soprattutto la forza per reagire?
Subire molestia, morale o sessuale, significa comunque provare un grande dolore e la prima cosa
da fare è medicare le ferite, trovare sostegno e comprensione nella sfera privata (amici,
compagno) ed eventualmente con l'aiuto di uno psicoterapeuta sensibile e vicino. La fantasia più
dolorosa (e nello stesso tempo crudele) comune tra le donne che hanno subito questo tipo di
prepotenza è il senso di colpa, la convinzione di aver in qualche modo provocato l'aggressione:
l'impegno più faticoso è proprio quello di prendersi la propria parte di responsabilità senza
precipitare in un mendace senso di colpa, lavoro che non può essere fatto se prima non si sia
cercato un sostegno valido. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la propria sofferenza,
riconoscerla come parte di sé, altrimenti i ricordi ossessivi delle umiliazioni subite continueranno
a riproporsi, insieme al rimorso. Una esperienza del genere non può essere dimenticata, ma se ne
può venire fuori più forti e più consapevoli di sé e soprattutto si può imparare a farsi rispettare.
Molte donne, dopo un trauma del genere, riscoprono una coscienza emozionale che era stata
repressa.




Dott.ssa Mariacandida Mazzilli