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Psicologia |
Donna |
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli |
L'INNAMORAMENTO È possibile riassumere - dal punto di vista clinico dello psicologo - le caratteristiche di quella intensa fase che tutti prima o poi viviamo, e che viene chiamata 'innamoramento'? L'innamoramento è un momento magico che a tutti appare unico e irripetibile, caratterizzato dalla spontaneità e intensità dei sentimenti. E' un momento nel quale si perde la padronanza di sé e si riduce la capacità critica e valutativa (infatti il partner viene idealizzato, e considerato senz'altro migliore dell'ex e di tutti i partner precedenti). La persona amata appare ricca di potenzialità, manifestate o ancora da scoprire e, aderendo perfettamente al modello del partner che si stava cercando, gli si dedicano attenzioni e propositi entusiastici. Un libro, un film, le parole di una canzone, profumi particolari, incorniciano questa atmosfera idilliaca, favorendo la simbiosi, la fusione con l'altro. In questa prima fase del rapporto è facile proiettare sulla persona amata i propri desideri e le proprie aspirazioni, vedere solo quello che si vuole vedere. L'amato riempie i pensieri, diventa il centro attorno al quale si organizza tutta la vita. Di conseguenza nasce il bisogno di essere rassicurati dall'amore dell'altro, un suo sguardo dona piacere intenso, il dubbio di non essere ricambiati arreca dolore profondo e disorientamento. Qualcuno, meno romantico e forse un po' maligno, ha elencato i 'sintomi' dell'innamoramento, definendolo una vera e propria malattia, dalla quale per fortuna quasi tutti guariscono. Quanto vi è di maligno in questa analogia, e quanto forse di vero? Vale la pena vivere la magia dell'innamoramento, il cuore che batte accelerato, quella inaspettata capacità di notare sfumature e risvolti positivi della vita, quel risveglio dei sensi accompagnato dalla sensazione di leggerezza, dalla voglia di vivere. E tutto ciò può diventare uno stimolo a cambiare in meglio come persona. L'innamoramento spinge verso l'altro, verso una relazione e relazionarsi vuol dire crescere. Ma anche se la tendenza a cercare l'altro è sempre presente (consciamente o inconsciamente) nella nostra parte più profonda, non tutti sono pronti a lasciarsi andare all'innamoramento. C'è chi si difende, forse temendo le conseguenze di emozioni travolgenti, e preferisce mantenere le distanze da tutto ciò che può costituire un "pericolo" per la propria stabilità emotiva. Molti hanno paura d'amare e mettono in atto meccanismi inconsci che troncano ogni possibile storia d'amore sul nascere. Molte di queste persone sono rimaste segnate da relazioni finite non troppo bene o hanno conservato dentro sé carenze affettive risalenti ai primi anni di vita. Ogni relazione è diversa dall'altra così come ogni separazione è caratterizzata da tempi e modalità proprie. Ci vuole del tempo per poter elaborare il distacco da un partner e la separazione può rappresentare una tappa importante del processo di maturazione psicologica della persona. Il momento che segue la fine di una storia è "naturalmente" doloroso e i modi di reagire sono svariati. Può accadere, ad esempio, di essere, per un periodo, attratti da più persone contemporaneamente, instaurando una serie di rapporti superficiali (vissuti esclusivamente come antidoto alla solitudine o per dimenticare l'ex), con la chiara consapevolezza che non si tratta di amore. Al contrario, il dolore potrebbe spingere ad una sorta di "isolamento" affettivo, che non permette di vivere con la giusta intensità quegli incontri che potrebbero trasformarsi in una relazione importante, facendo perdere in questo modo occasioni speciali. Le reazioni sopra descritte (due tra le tante possibili), pur apparendo in un certo senso "opposte", presentano un importantissimo punto in comune: sia che si cerchino mille rapporti superficiali, sia che si tenti di evitarli, il problema di fondo è che non si è ancora "pronti" a mettersi in discussione in un nuovo amore. Si è veramente pronti ad un nuovo amore solo quando, più o meno consciamente, si "utilizza" il periodo di solitudine dopo il distacco per conoscersi meglio, osservarsi in profondità, acquisire la consapevolezza di poter bastare comunque a se stessi. Solo quando si riesce ad assaporare quel senso di autonomia, a realizzare che "si vale" a prescindere dalla presenza di un partner, abbandonando la convinzione che è indispensabile trovarlo al più presto e ad ogni costo, ecco che diventa possibile un nuovo innamoramento. Accade inaspettatamente proprio perché non ci si stava pensando. Se si ha la fortuna di innamorarsi nuovamente, può voler significare che qualcosa di nuovo sta avvenendo nella propria interiorità. Allora come fare a non avere paura di amare? Vale la pena imparare ad attendere. Colui che attende, spesso inaspettatamente trova. Ascoltare se stessi, i propri desideri autentici, senza giudicarsi, può essere un guida valida per il nostro benessere. E' saggio assecondare i propri tempi e fare le cose quando ci si sente davvero pronti. Se si è provato un forte dolore è facile convincersi che potrebbe riproporsi quella stessa situazione. La paura è comprensibile e induce ad un atteggiamento di difesa. In realtà la paura accompagna qualsiasi novità/cambiamento della nostra vita e determina uno stato di allerta, in attesa di fronteggiare una minaccia (restare soli, essere abbandonati, soffrire, essere traditi, etc.). Il rischio è che questa paura superi quella soglia limite oltre la quale viene pregiudicata la stessa possibilità di avvicinarsi ad un nuovo amore. Parlare delle proprie paure può essere un modo per esorcizzarle, magari scoprendo che sono comuni ad altre persone. Può, a volte, essere utile confidare queste paure anche alla persona alla quale ci si sta avvicinando: in questo modo si agevola la reciproca conoscenza, anche negli aspetti più intimi e delicati, favorendo la nascita di un rapporto più autentico. La separazione va vissuta necessariamente come un tempo di riflessione e riconciliazione con se stessi. La sofferenza aiuta a guardarsi dentro e soltanto una volta chiarite le proprie aspettative e gli errori fatti, si raggiunge una maggior consapevolezza di sé e di cosa si desidera da una relazione. La fiducia nell'altro è spesso proporzionale alla fiducia e alla stima che si nutre per se stessi. E in ogni caso la fiducia nell'altro non si acquisisce se non attraverso la conoscenza e le esperienze di vita fatte assieme, costruendola giorno per giorno in un percorso comune. Perché l'innamoramento (quello i cui sintomi qualcuno paragona ad una malattia, non l'amore, che sappiamo essere eterno e unico ;) ) finisce? Cosa succederebbe se una coppia continuasse ad essere 'innamorata' per tutta la vita così come lo era nei, diciamo, primi tre mesi del rapporto? Dopo la prima fase dell'innamoramento diventa necessario mutare la dinamica del rapporto in meccanismi più evoluti che garantiscono la sopravvivenza della relazione e il senso di sicurezza all'interno della coppia. Il periodo della simbiosi è seguito dalla fase della differenziazione dal partner (durante la quale emergono le differenze tra i due più che le similitudini) seguita dalla fase dell'"esplorazione". Quest'ultima è una fase delicata che non tutte le coppie riescono a superare senza problemi. E' la fase in cui si comincia (o ricomincia) a coltivare interessi non condivisi, a riscoprire hobby o rivedere amici trascurati. E' una sorta di momentaneo allontanamento che corrisponde ad una riscoperta di se stessi, di quell'IO che per un po' era stato fuso con l'altro. Superata questa fase la coppia può essere pronta a "riavvicinarsi" e a iniziare una progettualità comune, basata sull'accettare l'altro per come è realmente. A questo punto il sentimento ha messo radici più profonde. Un eterno innamoramento senza questa "maturazione" del sentimento potrebbe essere una condizione molto faticosa per la coppia, che vivrebbe perennemente in un innaturale stato di allerta, in quella fusione e dedizione totale al partner che pregiudica la crescita personale. E' importante pensare che, costruire e progettare insieme, conoscersi profondamente e rispettarsi, non impedisce certo al cuore di battere ancora se il partner si presenta con un regalo inaspettato o organizza una cenetta per festeggiare una ricorrenza. Può l'innamoramento sconfinare nel patologico, in certi casi, dal punto di vista dello psicologo? E se sì, come se ne esce? L'"innamoramento malato" porta con sé uno stato angoscioso legato al pensiero ossessivo di essere lasciati, all'incertezza verso i sentimenti dell'altro, all'idealizzazione del partner senza la capacità critica di guardarlo nella sua realtà. In questi casi si ha la tendenza a controllare il partner, a soffrire per una gelosia logorante. Così l'innamoramento da emozione eccitante e positiva può trasformarsi in una vera e propria ossessione d'amore dove tutto è fermo, nulla si trasforma, ma tutto si ripete con un amaro retrogusto di sofferenza e di insoddisfazione. Non si tratterebbe più di una fase del rapporto, ma dell'unico scenario possibile, che si ripropone sempre allo stesso modo e nel quale i protagonisti sembrano avere sempre lo stesso ruolo per tutta la durata della relazione. Come accorgersi allora che si sta vivendo un innamoramento malato? Importante è imparare ad ascoltare il proprio malessere, la propria sofferenza. Quando l'autostima, la fiducia nel proprio valore, la propria serenità, dipendono esclusivamente dal giudizio o dall'umore dell'altro, quando si pensa ossessivamente al partner dimenticandosi di sé, dei propri interessi, forse si sta già percorrendo una strada rischiosa. Da tutte le patologie d'amore si può guarire, potrebbe essere utile un percorso psicoterapeutico che comincia con il riconoscere che qualcosa non va nel proprio modo di amare e con un lavoro profondo teso a ripristinare un contatto con se stessi prima che con il partner. |
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli |