Psicologia
Donna
PENSI AD UN FIGLIO: MA LO DESIDERI DAVVERO?

"Se non faccio un figlio non sono una donna completa"…" Se non faccio un figlio mi pentirò
sicuramente tra qualche anno"... "Mi devo sbrigare altrimenti…" All'improvviso ci si rende conto
che tutte intorno, conoscenti, amiche, sorelle, diventano mamme e ci si sente diverse, si ha paura di
essere scartate, di non appartenere pienamente alla dimensione femminile, nasce la voglia di
essere come le altre.
"Desiderare" qualcosa è diverso dall' "avere voglia" di qualcosa: il desiderio ha a che fare con la
dimensione inconscia, profonda, mentre la voglia è un meccanismo comandato dall'esterno, più
superficiale. Può succedere di ricercare la maternità non per un desiderio profondo, intimo, dettato
da un percorso e una crescita personale, ma per un processo imitativo, più un condizionamento
esterno che un sentimento vero e proprio. Un tempo era consueto mettere al mondo molti figli, la
maternità era uno dei percorsi obbligati comuni a tutte le donne. Oggi le donne hanno maggiori
possibilità di scegliere, di pianificare l'esistenza seguendo la propria personalità, la propria
sensibilità. Non sempre le strade prescelte sono aderenti agli schemi prestabiliti dalla società,
scegliere significa proprio attribuirsi il diritto di essere libere, rimanere anche sole con se stesse per
poter riflettere su un piano più intimo, fare un lavoro di autoanalisi, tollerando quella inevitabile
sofferenza che arriva puntuale nel momento della crisi, dell'incertezza. I dubbi e gli interrogativi
sulla questione "maternità sì o no" nascono all'incirca con l'approssimarsi dei 40 anni, dopo i quali,
si sa, avere un figlio diviene via via più complicato dal punto di vista fisiologico. Ma questa è anche,
in moltissimi casi soprattutto al giorno d'oggi, l'età in cui tutte le energie sono dedicate al tentativo
di realizzare i propri obiettivi professionali. Alcune donne tendono ad associare l'idea di maternità
ad una certa privazione della libertà, ad una limitazione o addirittura sospensione della propria
carriera. In questi casi ragionamenti e pensieri razionali (come per esempio quello dei soldi che non
potrebbero bastare con l'arrivo di un bebè) potrebbero magari servire a "nascondersi" il fatto di
preferire sé stesse ad un bambino. Accettare questa eventuale realtà risulterebbe molto faticoso
anche per quello "strano" senso di colpa, sempre in agguato, lasciato in eredità dalle mamme e
dalle nonne, abili genitrici che hanno dedicato tutta la loro esistenza alla cura dei figli. Non si
possono trascurare i forti condizionamenti familiari. E' inoltre frequente la fantasia che non
mettendo al mondo un figlio si vada ad interrompere quel senso di "continuità" della famiglia, da
sempre contenitore delle nostre esperienze, dei nostri insegnamenti, e, soprattutto, testimone del
nostro esserci stati.
Una gravidanza vuol dire anche cambiamento del corpo, paura di abbandonare il proprio aspetto
da ragazze, di perdere per sempre la propria capacità seduttiva e la profonda confusione è
alimentata anche dalle paure per tutta la sintomatologia fisica che può accompagnare il periodo
della gestazione (le possibili nausee, l'aumento di peso, il dolore del parto etc.). Comune è la
fantasia che il corpo possa finire per svolgere solo un'unica funzione cioè quella di accogliere un
figlio, di diventare solo un "contenitore", il tutto connesso al timore di essere totalmente assorbite
dal ruolo di mamma, rischiando di smarrire la propria identità, sia psichica che corporea, coltivata
faticosamente nel tempo.
"Che aspetti a regalare ai tuoi genitori un nipotino?" Coppie felici, appagate, si sentono bersagliare
da preghiere simili, ripetute, ridondanti, provenienti magari da familiari che "proiettando" la propria
visione della vita, o semplicemente un proprio desiderio, non tengono nel giusto conto l'equilibrio
della coppia in quel preciso momento. Né è giusto insinuare nefaste previsioni sul futuro della
coppia ("se non lo fate adesso ve ne pentirete!") Un bambino non è un investimento per il proprio
avvenire e ancor meno un "regalo" per i parenti, un figlio non è un oggetto ma comincia ad essere
una persona ancora prima di venire al mondo, vive nella fantasia, nell'immaginario di una coppia di
genitori che, insieme, lo desidera e ne ricerca effettivamente la sua presenza. A volte le coppie non
sono "pronte" per introdurre un terzo elemento nel menage familiare. Molte donne si lamentano di
avere accanto uomini bambini, egoisti, bisognosi di cure materne, uomini che respingono il ruolo di
padre. Ma proviamo ad invertire la prospettiva: la ricerca ostinata di partners "peter pan" può
mascherare l'alibi per la mancanza di un reale desiderio di maternità. Altre donne ricercano
ostinatamente la gravidanza con una motivazione interiore (mai apertamente dichiarata e forse
neanche del tutto chiara neppure a loro stesse): suggellare il rapporto, che sentono vacillare, con il
proprio partner, con la fantasia onnipotente di poter legare a sé definitivamente un uomo che
altrimenti sarebbe interessato ad altro.
C'è poi il caso degli uomini che impongono le loro scelte e può succedere che una donna diventi
mamma solo per accontentare il proprio compagno. Si tratta spesso del preludio a storie di carriere
professionali interrotte bruscamente, di rimpianti e rancori, di sensi di inadeguatezza e malcontento
di donne per le quali il momento per un passo così importante non era ancora giunto, e che
sfociano spesso nella fine del rapporto o in grandi sofferenze personali.
Molte pazienti iniziano la psicoterapia proprio durante il periodo della gravidanza: ansie, attacchi di
panico, senso di solitudine, molte si sentono abbandonate soprattutto in quei casi in cui la donna
sa, a livello cosciente, di aver preso la decisione da sola, senza l'approvazione del compagno, ma
decide comunque di portare a termine la gravidanza. La "risposta giusta" ai mille interrogativi
intorno all'eventualità di diventare madre, non si può trovare all'esterno, ma all'interno di sé. I dubbi
portano anche vissuti di ambivalenza, incertezza, sensazioni di non essere all'altezza, il tutto
alternato a momenti in cui si sente la spinta, l'attitudine ad affrontare questa esperienza.
Bisognerebbe cercare un dialogo profondo con sé e distanziarsi il più possibile dai
condizionamenti esterni. L'amore materno maturo cioè, l'amore destinato esclusivamente al figlio,
puro, incondizionato, coraggioso, generoso è prezioso ma, come tutti i sentimenti, anche fragile ed
imperfetto. In mancanza di un solido equilibrio psichico interiore, non è così automatico (come
erroneamente si tende a credere) che questo canale di comunicazione si apra tra mamma e figlio.
Riprendendo il concetto espresso all'inizio, cos'è dunque, in realtà, questa "voglia di un figlio", in
contrapposizione al profondo "desiderare un figlio"? Omologazione ai valori sociali? Senso di
vuoto? Bisogno di affetto?
In questi casi più che di istinto materno si dovrebbe parlare piuttosto di necessità di sentirsi utili, di
riempire un vuoto affettivo, di necessità di legare a sé il proprio uomo, cioè tutti desideri ed
aspettative che riguardano l'individualità e i bisogni della futura madre.
Così come accade agli animali, per i quali l'amore materno è funzionale alla sopravvivenza della
specie e finisce non appena il cucciolo è abbastanza grande da prendersi cura di se stesso, la
madre potrebbe improvvisamente sentire la stanchezza che deriva da questo ruolo e scoprire la
vanità delle proprie aspettative di appagamento.
La realtà è che, come sempre accade, la serenità e l'appagamento non derivano da persone, cose o
situazioni esterne a noi, ma dal nostro grado di consapevolezza. E i figli sono "altro" da noi, sono
persone complete in se stesse. Le madri che, non riescono ad assumersi la responsabilità della
propria felicità, tendono a pensare ai propri figli come parti di se stesse e quindi pretendere da loro
una qualche personale soddisfazione.
Ogni donna conserva dentro sé quello che è stato il rapporto con la propria madre, esperienze
interiorizzate che possono influenzare scelte future. Legami burrascosi, sofferti, fanno riemergere
antichi conflitti e alimentano il disorientamento al momento della scelta di mettere al mondo un
figlio: in questi casi è frequente che la donna faccia confusione tra un "livello cosciente" che
accetta la gravidanza ed un livello "inconscio" che tende a rifiutarla.



Dott.ssa Mariacandida Mazzilli
Dott.ssa Mariacandida Mazzilli